Codice Civile art. 2447 septies - Bilancio (1).

Gianluca Bertolotti
Vittorio Minervini

Bilancio (1).

[I]. I beni e i rapporti compresi nei patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447-bis sono distintamente indicati nello stato patrimoniale della società.

[II]. Per ciascun patrimonio destinato gli amministratori redigono un separato rendiconto, allegato al bilancio, secondo quanto previsto dagli articoli 2423 e seguenti.

[III]. Nella nota integrativa del bilancio della società gli amministratori devono illustrare il valore e la tipologia dei beni e dei rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato, ivi inclusi quelli apportati da terzi, i criteri adottati per la imputazione degli elementi comuni di costo e di ricavo, nonché il corrispondente regime della responsabilità.

[IV]. Qualora la deliberazione costitutiva del patrimonio destinato preveda una responsabilità illimitata della società per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, l'impegno da ciò derivante deve risultare in calce allo stato patrimoniale e formare oggetto di valutazione secondo criteri da illustrare nella nota integrativa.

(1) V. nota al Capo V.

Inquadramento

I beni e i rapporti giuridici inclusi nei patrimoni destinati dovranno confluire «distintamente» nello stato patrimoniale della società contabilità sociale.

La norma in commento disciplina le modalità per dare corretta evidenza dell'informativa contabile dei patrimoni destinati in sede di redazione del bilancio della società che ha costituto tali patrimoni.

Disciplina

Lo stato patrimoniale dello specifico affare risulta anche funzionale ad evidenziare gli effetti delle operazioni «intergestorie» (Gentiloni Silveri, 338-9), i quali devono invece essere elisi dal bilancio annuale della società. Ciò al fine, come già visto, di neutralizzare le eventuali plusvalenze derivanti da operazioni «intergestorie» le quali dipendono dal diverso valore che, ad esempio, il bene aveva al momento dell'acquisto da parte della società rispetto al momento della destinazione in capo al patrimonio separato.

La nota integrativa, invece, non sembra doversi redigere appositamente per il patrimonio separato dal momento che il comma 3 sancisce la necessità di indicare nella nota integrativa del bilancio sociale, il valore, la tipologia dei beni e dei rapporti giuridici afferenti ciascun patrimonio destinato (Gennari, 1385). Al fine di ottenere una rappresentazione chiara potrebbe però sentirsi l'esigenza di evidenziare nella nota integrativa «generale» uno o più capitoli espressamente dedicati alle informazioni sul patrimonio destinato (Colombo, 50; Gentiloni Silveri, 337).

Sarà necessario prevedere qualche adattamento al fine di rendere effettiva l'indicazione «distinta» delle singole voci. Secondo i principî OIC (Documento n. 2) sono essenzialmente quattro le modalità con cui ottenere tale risultato:

1. creando per ciascuna voce interessata la dicitura «di cui» al fine di costituire un nesso logico e documentale che richiami il patrimonio destinato in questione (crediti verso clienti 1.000 di cui 300 per patrimonio destinato);

2. creando, per ciascuna voce, specifiche sottovoci, quali crediti verso clienti: a) per clienti relativi al patrimonio destinato 300 e b) per clienti relativi all'attività generale della società 700, totale 1000;

3. separando gli importi relativi al patrimonio in una colonna interna (Crediti I) verso clienti: patrimonio destinato 300, attività generale 700, totale 1000);

4. indicando distintamente le classi di attività e passività relative al patrimonio destinato in apposita zona, all'attivo ed al passivo, dopo tutte le altre voci relative all'attività generale della società.

In questo modo si rende possibile, in ogni momento, effettuare una verifica della struttura patrimoniale dello specifico affare, grazie, appunto, alla specifica informativa contabile e alla circostanza che anche il «separato» rendiconto, redatto per ciascun patrimonio destinato, allegato al bilancio sociale, deve essere depositato nel registro delle imprese ai sensi dell'art. 2432 c.c. Sulla base del rilievo che la legge adotta il termine «allegato», parte della dottrina (Fico, 545) ha ritenuto che lo stesso non debba essere oggetto di deposito presso il registro delle imprese (contra Colombo, 51).

Il terzo comma della norma in rassegna impone che le informazioni relative alle modalità di contabilizzazione e di trattazione delle singole poste inerenti il patrimonio destinato siano inserite in nota integrativa «generale», come anche «i criteri adottati per la imputazione degli elementi comuni di costo e ricavo».

Come visto in sede di commento dell'art. 2447-sexies, per costi «comuni» si intendono, ad esempio, i costi generali amministrativi, i costi di magazzino, di trasporto et similia che siano stati sostenuti in maniera indistinta, tanto per la realizzazione dell'affare «destinato», quanto per la gestione «generale»; i criteri adottati rispetto all'imputazione di detti costi sono stabiliti dall'organo di gestione in sede di destinazione (ai sensi della previsione di cui alla lett. g) dell'art. 2447-ter).

Dalla nota integrativa sociale, poi, deve risultare anche il valore e la tipologia dei beni e rapporti giuridici eventualmente apportati da terzi.

Qualora oggetto dell'apporto sia una somma di denaro o di beni in proprietà, l'attivo si incrementa tanto quanto è la somma\valore apportato. Nel caso in cui oggetto dell'apporto sia un bene in godimento il valore da iscrivere dovrebbe essere quello ricavato (Colombo, 51) dalla capitalizzazione ed attualizzazione del canone da pagare per gli anni di durata come se il bene fosse dato in locazione; con la conseguenza che il valore ottenuto potrà essere ridotto per i rischi che potrebbero derivare da futuri atti di disposizione compiuti dal terzo apportante ed idonei ad incidere negativamente.

Qualora oggetto dell'apporto sia un'opera od un servizio si è ritenuto di non poter iscrivere il valore capitalizzato della prestazione, in quanto il rischio di inadempimento o di impossibilità dell'apporto è talmente alto da rendere non attendibile l'attribuzione di detto valore, a meno che esso non sia accompagnato da idonea garanzia (Colombo, 52).

La contropartita dell'apporto offerto dai terzi andrà iscritta al passivo o al netto del patrimonio separato (Gentiloni Silveri, 342): se dall'apporto non sorge alcun diritto alla restituzione del valore, ma solo un diritto di partecipare agli utili, la contropartita dell'iscrizione all'attivo sarà l'iscrizione al netto di una voce equivalente ad una riserva.

Tale impostazione esclude, diversamente da quanti altri hanno sostenuto (Schlesinger, 6), che agli apporti forniti dai terzi si debbano riconoscere profili di «contitolarità».

Se invece all'apportante si attribuisce un diritto alla restituzione si procede ad iscrivere al passivo una somma pari a quella iscritta nell'attivo.

Regime di responsabilità

Il comma 3 della norma in rassegna prosegue poi con la previsione dell'indicazione, nella nota integrativa sociale, del «corrispondente regime di responsabilità» che identifica la responsabilità, eventuale, della società per obbligazioni derivanti dal patrimonio destinato: tale indicazione, però, deve essere esplicitata nella delibera costitutiva.

La previsione di un rendiconto (rectius bilancio) specifico per ciascun patrimonio da allegare al bilancio sociale potrebbe portare a ritenere sufficiente, nello stato patrimoniale sociale, l'iscrizione solamente del valore netto del patrimonio destinato piuttosto che delle singole attività e passività. Il primo comma dell'articolo in commento, però, lascia intendere che si debba propendere per la seconda delle soluzioni e ciò anche in considerazione della ratio dell'intera disciplina: il soggetto che legge il bilancio, soprattutto in ipotesi di responsabilità illimitata della società per le obbligazioni del patrimonio destinato, ha ovviamente interesse a trovare indicate in maniera analitica le attività e le passività della gestione «destinata».

Allo stesso tempo è stato sottolineato (Colombo, 56; Comporti, 999; Fico, 1218) che solo una siffatta informativa contabile consente di operare le opportune elisioni derivanti dai cd. «crediti e debiti» reciproci tra patrimonio sociale e patrimonio destinato e neutralizzare così l'effetto di eventuali plusvalenze derivanti da rapporti «intergestori».

Nonostante il comma 1 si riferisca espressamente allo stato patrimoniale, è da ritenere che anche nel conto economico della società dovrebbero essere evidenziati separatamente i costi e ricavi derivanti dalla gestione del patrimonio destinato e ciò al fine di applicare le elisioni e le rettifiche derivanti dalle operazioni intergestorie.

In ogni caso, nel bilancio sociale deve essere indicato anche il valore complessivo delle singole poste, in quanto in base al principio di chiarezza, dev'essere agevole rapportare i valori del patrimonio separato al patrimonio sociale.

Se nella deliberazione costitutiva è prevista la responsabilità illimitata della società costituente, è necessaria una specifica annotazione in calce allo stato patrimoniale da cui risulti espressamente tale impegno. La ratio della previsione è da riscontrare nell'esigenza di rendere percepibile al lettore del bilancio che, nonostante le obbligazioni in questione siano iscritte al passivo come inerenti al patrimonio destinato, di esse può rispondere anche il patrimonio sociale.

È stato notato (Colombo, 61; Gennari,1384; Pasquariello, 190) che sebbene la norma si riferisca solo all'ipotesi in cui la responsabilità illimitata derivi dalla deliberazione costitutiva, la stessa previsione dovrebbe applicarsi anche all'ipotesi di responsabilità della società limitata ad una certa somma per le obbligazioni derivanti dal patrimonio destinato ovvero all'ipotesi di responsabilità derivante da fatto illecito.

La registrazione andrà effettuata tra i c.d. conti d'ordine (comma 3 dell'art. 2424 c.c.), presumibilmente con menzione separata; l'ammontare da iscrivere è quello corrispondente al valore nominale dei debiti iscritti nel passivo ed al valore stimato dei fondi rischi ossia deve corrispondere all'ammontare massimo che la società potrebbe essere tenuta a pagare, mentre dalla nota integrativa dovrà risultare la valutazione del rischio che, in concreto, così assunto dalla società. Non sembra essere necessaria l'istituzione di uno specifico fondo rischi ai sensi dell'art. 2424-bis, comma 3, in quanto in tale caso il debito (del patrimonio destinato) che dà origine al rischio (per il patrimonio residuo) è già per intero iscritto (Colombo, 62).

Da ultimo, è da notare che la norma tace circa la destinazione dei risultati di gestioni derivati dall'esercizio dello specifico affare.

È tuttavia pacifico (Comporti, 998; Colombo, 62; Gennari, 1386; Pasquariello, 190) che l'utile prodotto dal patrimonio destinato, al netto delle somme dovute a terzi, entra nella piena disponibilità della società: esso va sommato all'utile o alla perdita sociale, può essere distribuito ed è soggetto ad accantonamento quale riserva legale.

Riguardo all'ipotesi in cui lo specifico affare abbia prodotto delle perdite, nonostante vi siano utili derivanti dalla gestione ordinaria della società, si può ritenere che gli utili possano comunque essere distribuiti, a meno che non sia stata pattuita la responsabilità sociale anche per le obbligazioni inerenti l'affare.

Qualora, invece, sia il patrimonio destinato ad aver generato utili, mentre dalla gestione sociale si siano determinate perdite non assorbite dagli utili generati dal patrimonio destinato, palese essendo l'assenza di un risultato utile «globale» riferibile all'esercizio, non si potrà procedere ad alcuna distribuzione a favore degli azionisti.

Parte della dottrina ha ritenuto che gli utili relativi allo specifico affare possano essere distribuiti anche in presenza di perdita in altri affari o nella gestione dell'attività della società (Gennari, 1387; Comporti, 998; contra, Colombo, 62), ciò che pone certamente questioni di responsabilità degli amministratori qualora si tratti di società in crisi (in generale, sul tema delle responsabilità degli amministratori di società in crisi, sia consentito il rinvio a Bertolotti).

Cenni sul trattamento fiscale

Per concludere e per completezza, è necessario dedicare brevi cenni alle tematiche relative al trattamento fiscale dei patrimoni destinati.

In via sommaria si può osservare l'assenza di orientamenti univoci e consolidati sul tema del trattamento fiscale.

Al riguardo, era stata costituita apposita commissione ministeriale con il compito di adeguare il sistema fiscale alle modifiche intervenute con la riforma del diritto societario. La commissione elaborò diverse soluzioni relativamente al trattamento fiscale dei patrimoni destinati (Gennari, 1388): la prima prevedeva una sostanziale irrilevanza nei confronti dell'amministrazione della possibile costituzione dei patrimoni destinati, i cui risultati dovevano essere considerati unitamente al direttamente al risultato generale conseguito durante il periodo d'imposta di riferimento (Capolupo, 1385; De Angelis, 439 ); la seconda si basava sulla determinazione di un autonomo reddito imponibile in capo al singolo patrimonio destinato che sarebbe dovuto poi successivamente confluire, con una somma algebrica, all'interno di quello generale (Anello, 3385).

Tuttavia, nessuna di queste due possibili soluzioni è stata poi adottata dal legislatore fiscale, riconfermando indirettamente come via sia una lacuna quanto alla normativa fiscale, non potendosi considerare i patrimoni destinati come autonomi soggetti passivi di imposta. Con la conseguenza che la determinazione del reddito andrebbe quindi compiuta esclusivamente con riferimento alla società costituente i patrimoni destinati (Gentiloni Silveri, 343): il bilancio di essa dovrà, dunque, recare gli elementi attività e passivi del patrimonio destinato e sull'insieme dei valori del patrimonio destinato, sarà calcolato il reddito imponibile (Bloch e J. Cuda, 128).

In sostanza, è ragionevole ritenere che la determinazione delle imposte avvenga in capo alla società costituente, e che occorrerà considerare un valore «unitario», inclusivo dei valori dei patrimoni destinati.

Si tratta, ovviamente, di considerazioni che possono ripetersi anche con riferimento alle imposte indirette (Gentiloni Silveri, 343).

Bibliografia

Anello, Profili civilistici e fiscali dei patrimoni dedicati, in Corr. trib., 2003, XLI,  4485 ss.; Arleo, Sub art. 2447-septies, in Commentario al codice civile, a cura di Cendon, I, 2008; Bloch e Cuda, Gli aspetti fiscali della gestione dei patrimoni «dedicati», in Corr. trib., 2003, II,  128 ss.; Bertolotti, Poteri e responsabilità nella gestione di società in crisi. Allerta, autofallimento e bancarotta, Torino, 2017; Bertuzzi, Bozza, Sciumbata, Patrimoni destinati, partecipazioni statali, S.A.A., Milano, 2003; Capolupo, Il regime fiscale dei patrimoni dedicati, in Fisco 2004; Colombo, La disciplina contabile dei patrimoni destinati: prime considerazioni, in Banca borsa, 2004, IV, parte 1,  30 ss.; Colombo, Associazione in partecipazione, perdite subordinate ed iscrizione in bilancio, in Aa.Vv., Ricapitalizzazione delle banche e nuovi strumenti di ricorso al mercato, Milano, 1983; Comporti, Sub art. 2447-septies, in La riforma delle società, a cura di Sandulli e Santoro, II, 2003; L. De Angelis, Patrimoni destinati a specifici affari di s.p.a: profili contabili e fiscali, in Dir. e prat. Trib., 2003, I, parte 1,  439 ss.; Fico, Le novità in tema di bilancio introdotte dalla riforma del diritto societario, in Società, 2003, IV,  545 ss.; Fimmanò, Patrimoni destinati e tutela dei creditori nella società per azioni, in Quad. giur. comm., 2008; Gennari, Sub art. 2447-septies, in Commentario del codice civile, delle società dell’azienda e della concorrenza, a cura di D. Santosuosso e diretto da Gabrielli, Torino, 2015,  1381 ss.; Gentiloni Silveri, Patrimoni costituiti con prevalente apporto di terzi, in Giur. Comm., 2016, III, parte 1,  321 ss.; Guizzi, Mala gestio dello specifico affare e del patrimonio destinato e responsabilità degli amministratori, in Riv. dir. comm., 2008, IV-VI, parte 1,  379 ss.; Laurini, I patrimoni destinati nel nuovo diritto societario, in Destinazione dei beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative, in Quad. rom. di dir. comm., a cura di Libonati e Ferro Luzzi, Milano, 2003,  117 ss.; Lenzi, I patrimoni destinati: costituzione e dinamica dell’affare, in Riv. not., 2003, III, parte 1, 543; Manes, Sub art. 2447-septies, in Patrimoni destinati ad uno specifico affare, a cura di Manes e Pasquariello, Bologna, 2013,  173 ss.; Rubino de Ritis, La costituzione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, a cura di Abbadessa, Portale, I, 2007,  817 ss.; Santagata De Castro, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Il codice civile, commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2013; Schlesinger, Patrimoni destinati a specifici affari e profili disciplina contabile e profili di distinta soggettività, in Dir. e prat. Soc., 2003, III,  6 ss.

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